Re: Plazh - Topless?
edhe njehere per ato qe duan te imitojne si puna e majmunit boten (edhe kur bota eshte degjenerim dhe degradim koke e kembe)
ju lutem lexoni me poshte se si po na vlerson bota per traditat tona te mira, sidomos per familjen qe per shqiptarin eshte pothuajse e shejte
kush nuk kupton italisht le ta perktheje me:
http://babelfish.altavista.com/
Amore Albanese - Il rosso e il nero
di Francesca Niccolai
pubblicato su Bota shqiptare
gazeta e shqiptarëve në Itali
Il fondamento della società albanese è la famiglia, e il fondamento della famiglia è la relazione fra un marito e una moglie al fine di procreare dei figli. Questo principio è valido per tutte le società del pianeta, ma il mondo occidentale lascia i singoli individui liberi di rispettarlo o meno. E’ un principio, non una legge.
Nell’Albania del 2005, invece, non è socialmente accettabile che una persona non si sposi. Se non è pensabile che una donna rimanga senza marito, suscita ancora più orrore l’idea che un uomo resti celibe.
Una donna sola, in un paese dal reddito pro capite tanto basso, non ha speranze di potersi mantenere autonomamente. Peserebbe sulla famiglia d’origine e, una volta defunti i genitori, finirebbe a carico del fratello e della cognata coi quali ha sempre vissuto. E la nemesi si abbatterebbe anche sulle giovani generazioni: una vecchia zia nubile va inevitabilmente a incidere sul budget dei nipoti che, oltre a dover mantenere i genitori, si trovano costretti a provvedere –direttamente o indirettamente- anche alla cara zietta.
Inoltre, in una società facile ai giudizi e ai pettegolezzi come quella albanese, il fis si ritroverebbe circondato da una morbosa aura di sospetto. Se la donna è malata o ha qualche handicap fisico –o semplicemente se è davvero MOLTO brutta- nessuno parla, e tutti comprendono il motivo delle mancate nozze. Ma, citando letteralmente la spiegazione di un giovane amico albanese, “se è bella e non se la prende nessuno, è sicuramente perché ha già avuto rapporti con un uomo, e non è una donna per bene”.
Un motivo economico, quindi, e anche una questione d’onore. Ma soprattutto, cos’altro è la donna, se non un utero? Ogni donna albanese nasce madre, e attende con ansia l’istante della procreazione. Una donna senza figli è un albero senza frutti, un campo incolto, un mare senza pesce. La donna è parte del mondo naturale e, siccome la natura segue il suo ciclo –fiorendo, riproducendosi e morendo- il corpo femminile deve fare altrettanto.
Lo stesso vale per l’uomo. Anche il maschio deve provvedere a una necessità economica: ha bisogno di una moglie che cucini, badi alla casa, e si prenda cura di lui quando sarà vecchio. Deve inoltre difendere il proprio onore: anche il Don Juan più accanito d’Albania sarebbe sospettato di avere tendenze sessuali “deviate”, se rimanesse celibe. E infine, ciò che conta più di ogni altro fattore, DEVE procreare, perpetuando la discendenza e il nome del proprio fis.
Quindi, tanto le femmine quanto i maschi rischiano pesanti sanzioni sociali in caso di nubilato/celibato. Tutti gli albanesi, fin dall’infanzia, ne sono consci. Non c’è rischio di incontrare un giovanotto ribelle che affermi di non volersi sposare e di desiderare una vita bohémienne. Ed è ancor più inimmaginabile che una ragazza sostenga che il matrimonio non fa per lei e che “non può rinunciare alla sua libertà” (modo di dire assai diffuso fra le immorali zitelle occidentali).
L’Albania sembra essere il Paese dell’Amore, dove tutti si sposano e vivono felici e contenti per tutta la vita, in assoluta monogamia e senza ombra di litigi e divorzi a minacciare la coppia. Ciascuno trova facilmente la “scarpa per il suo piede”, ciascuno nasce con la sicurezza di trascorrere l’esistenza accanto a qualcun altro, di avere dei figli e una famiglia solida e indistruttibile. Che invidia, per noi poveri occidentali! Noi che fatichiamo tanto a trovare la persona giusta, noi che, fin dall’adolescenza, andiamo incontro a una lunga serie di delusioni amorose e spesso ne usciamo col cuore irrimediabilmente spezzato, noi che ricorriamo a psicologi e terapie di coppia per cercare di salvare le nostre fragili unioni, noi che siamo tanto esigenti da rompere un rapporto non appena non ci accontenta più, noi che diventiamo così cinici da preferire una vita da single anziché rincorrere l’illusione dell’amore eterno.
Nessuno di questi mali sembra toccare gli albanesi. Ma come si innamorano? Come fanno a stabilire unioni indissolubili? Vediamo di seguirne la ricetta miracolosa.
Nell’Albania urbana della “democrazia”, il rapporto di coppia nasce secondo schemi rigidi e altamente standardizzati. Per le due parti vale una serie di luoghi comuni che pochi si azzardano a contraddire, e tutti sono obbligati a recitare un ruolo prefissato.
Innanzitutto, l’iniziativa è sempre e assolutamente prerogativa maschile. La femmina deve rimanere passiva e limitarsi ad aspettare e a sperare di essere scelta. E’ il maschio che la punta e la osserva, mettendola in imbarazzo e tingendo le sue caste guance di un pudico rossore. La fanciulla abbassa gli occhi o li mantiene dritti e alteri, sdegnando le attenzioni del corteggiatore. Se anche impazzisce per lui, non può e non deve lasciare intendere che lo contraccambia. Luogo comune numero uno: “Il maschio è cacciatore e la femmina è preda, e come tale deve tentare di fuggire”.
L’attrazione fisica è un fattore fondamentale, ma soltanto da parte maschile. Ogni uomo –anche il meno avvenente- si sente in diritto di avere una donna bellissima, e questo è dovuto all’esuberanza di splendide femmine che sovraffolla l’Albania. Da parte loro, le ragazze sono acclimatate a un panorama di maschi piuttosto trasandati e di livello fisico visibilmente inferiore a quello femminile. Questa è l’offerta, e le donne si adattano. Molti uomini –anche giovanissimi- sostengono che un maschio senza pancia “non vada bene”, e che troppa cura per capelli e denti possa essere indice di “deviazione sessuale”. Un vero uomo non deve badare a queste cose, non deve neppure conoscere lo specchio. Luogo comune numero due: “La femmina deve essere bella, il maschio no”.
In un uomo contano altri valori, ovverosia la buona posizione economica e la capacità di farsi rispettare dagli altri. La femmina cerca quindi, inconsciamente, la naturale protezione per se stessa e per la prole. La posizione sociale del maschio ricopre immenso valore per l’intero fis della futura sposa, perché significa prestigio e sicurezza per tutti quanti. L’uomo deve essere ricco e potente, o almeno deve essere un vero duro. Ogni ragazza sogna di avere al suo fianco un maschio che incuta timore negli altri, e adora l’idea di essere “la donna del capo”. Luogo comune numero tre: “Bulli e pupe”.
Naturalmente, la femmina deve essere vergine. Per essere certo di acquistare un prodotto di prima mano, il maschio si rivolge ai ginnasi. Una ragazza è fidanzabile dai sedici ai vent’anni al massimo, poi inizia ad avere difficoltà nell’essere scelta da qualcuno. L’uomo albanese ama la ragazzina fresca fresca e non sa perdonare a una donna le prime rughe. Come avviene in natura, gli esemplari maschi sono istintivamente attratti dalle femmine giovani e fertili, che stimolano le loro funzioni riproduttive. Inoltre, una ragazzina ha la vita davanti, e tutta l’energia che serve a tirare su i figli, a badare alla casa e a servire i suoceri. Una donna più avanti negli anni potrebbe stancarsi precocemente e non ricoprirebbe una valida utilità domestica.
Così, si nota che la differenza d’età fra le coppie è sempre di sette-dieci anni. Per un maschio, l’età giusta per il matrimonio è verso i ventotto-trent’anni. A differenza della femmina, deve avere un po’ d’esperienza, e deve aver avuto diversi rapporti occasionali. La sua scelta si rivolgerà a ragazze che frequentano il ginnasio o il primo anno di università, con le quali fidanzarsi immediatamente. Seguiranno le nozze e un bambino –entro il primo anno di matrimonio- cosicché la giovane preda sia catturata per sempre. Luogo comune numero quattro: “La donna crolla presto e va scelta molto più giovane”.
Un uomo si attende che alla verginità fisica corrisponda un’eguale verginità mentale. La donna deve essere candida e ingenua, non deve avere la minima dimestichezza con le cose del mondo, deve essere totalmente inesperta nei confronti della vita. Passiva, sperduta e completamente indifesa, deve passare direttamente dalla protezione della famiglia d’origine a quella del marito. Ogni maschio albanese desidera una femmina incapace di sopravvivere senza di lui, e ama farle pesare questa condizione impari. Frasi come “ma cosa vuoi sapere tu?” o “zitta, donna, che non sai niente!” o “le donne vanno bene solo per pettegolezzi e discorsi con altre donne”, sono comunemente rivolte dai mariti alle proprie mogli. Soltanto il maschio è dotato di capacità critiche, lui solo sa come difendersi dall’ambiente circostante e dalle insidie della vita. Una femmina scaltra viene definita “diavolo” e non è sposabile.
Al contrario, le ragazze e le loro famiglie desiderano un uomo esperto, uno che conosca il mondo e sappia destreggiarsi in ogni avversità. L’uomo deve essere forte e protettivo nei confronti della moglie, destinata a rimanere un’eterna bambina e a non maturare mai. Luogo comune numero cinque: “Il maschio è furbo e intelligente; la femmina no”.
Un altro criterio di scelta è il pari grado d’istruzione. Un laureato sposerà una laureata, un ragazzo che abbia terminato le superiori cercherà un’omologa, e chi ha abbandonato gli studi dopo l’ottava classe non potrà che rivolgersi a ragazze del suo stesso livello.
Questo fenomeno è diffuso ovunque nel mondo, ma non è rigidamente cristallizzato. Nelle società occidentali il dialogo rappresenta il cemento della coppia, ed è logico che le persone cerchino una comunanza di valori, di interessi e di argomenti. Il titolo di studi non ricopre un valore di per sé, ma è semplicemente un indicatore degli interessi della persona. La relazione fra un uomo laureato e una donna con la terza media può funzionare egregiamente, se la donna legge, si informa ed è in grado di sostenere una discussione logica e documentata. D’altra parte, il matrimonio fra una laureata in chimica e un laureato in filosofia ha buone possibilità di naufragare, se le due parti non si sforzano di entrare nella sfera dell’altro e di creare un terreno d’interessi comune.
In Albania, invece, si segue semplicemente un retaggio del regime comunista. Gli intellettuali sposavano le intellettuali –“intellettuale” significava “persona laureata”- e i lavoratori sposavano le lavoratrici –“lavoratore” era chi avesse terminato le superiori o semplicemente l’ottava. E oggi la tradizione persiste.
Il laureato in ingegneria petrolifera che sposa la laureata in economia non ha interesse verso la disciplina approfondita dalla moglie, né tenta di coinvolgerla nel proprio campo di studi. Si tratta soltanto di uno zakon, di una legge sociale che nessuno può violare. Talora si riscontra una differenza minima fra gli interessi di chi abbia abbandonato la scuola dopo l’ottava e di chi invece abbia conseguito una laurea. Altre volte si rimane sorpresi dalla ricchezza di argomenti di chi abbia terminato il ginnasio, in grado di offuscare gli “intellettuali”. Eppure, poche persone laureate sono disposte a sposare un “inferiore”. Luogo comune numero sei: “Il titolo innanzitutto”.
Ultima, ma fondamentale per entrambe le parti, conta la famiglia di provenienza. L’ossessione per il titolo di studi cela in realtà quella per il ceto sociale della dolce metà. Il matrimonio dei figli lega indissolubilmente i due nuclei famigliari e li costringe a frequentarsi assiduamente. E’ dunque necessario che vi sia omogeneità nelle condizioni economiche, nel livello d’istruzione e nelle abitudini domestiche –sebbene il regime avesse notevolmente appiattito quest’ultimo aspetto, e non si riscontrino profonde differenze fra il modo di vivere dei “lavoratori” e quello degli “intellettuali”.
La suocera “lavoratrice” potrebbe nutrire dubbi nei confronti di una nuora “intellettuale”, temendo che si adatti con difficoltà ai pesanti oneri domestici che le verrebbero imposti dopo il lavoro. Preferirà quindi una nuora che faccia la parrucchiera in una saletta ricavata al pianterreno della casa comune. Da parte loro, i genitori “intellettuali” malsopportano l’idea che la figlia vada a servire in casa di gente “inferiore”. Ecco perché un ragazzo laureato, ma figlio di “lavoratori”, non potrà mai sposare una laureata figlia di “intellettuali”. I laureati di prima generazione possono soltanto sposarsi fra di loro –la nusja economista, ma figlia di operai, non avrà problemi ad adattarsi a un fis come quello d’origine, ma avrà comunque la soddisfazione di aver sposato un laureato. Invece, i laureati di seconda –o, raramente, terza- generazione si assimileranno tranquillamente fra di loro. La famiglia della nusja sarà felice che la figlia lavi i calzini e stiri le camicie di un suocero “intellettuale”. Luogo comune numero sette: “Similia similibus”.
Questi sette luoghi comuni devono essere tenuti in considerazione da tutti. La scelta della persona con la quale dividere la vita diventa inconsciamente un complesso calcolo che rischia di escludere alcune importanti variabili –prima fra tutte, l’amore in sé.
Il tempo dedicato alla reciproca conoscenza è assai breve, perché una coppia può frequentarsi alla luce del sole soltanto quando è ufficialmente fidanzata. Il dialogo è limitato ai fugaci “caffè” che la coppia beve quasi sempre in compagnia di altri, per dissimulare le apparenze. E gli argomenti trattati in tali occasioni si riferiscono naturalmente al più e al meno, senza approfondire tematiche individuali e vagliare davvero la comunanza di valori e visioni della vita.
Molto frequentemente la coppia viene presentata da un intermediario che fa da garante presso entrambe le parti. Il ricorso al pronubo è necessario nel caso degli emigranti, che non hanno tempo e modo di scegliersi da soli una “brava ragazza”. Ma serve anche agli uomini che si trovano tagliati fuori dal mondo universitario o che lavorano in ambienti esclusivamente maschili. Essendo impossibile avvicinare una ragazza in un luogo pubblico che non sia l’università o il posto di lavoro, si chiede aiuto a un amico o a una parente, delegando loro l’arduo compito di selezionare la preda e di garantirne la qualità.
In questo caso, il pronubo organizza un “caffè” ufficiale in un bar. Alcune donne della famiglia dell’uomo siedono a un tavolo a parte, osservando la scena. L’aspirante coppia siede a un altro tavolo e conversa per qualche minuto, dopodiché dovrà dare una risposta. Molto spesso, è soltanto l’uomo a parlare, dettando le sue regole –vuole una moglie che stia in casa, che rispetti i suoi genitori e che sia una buona madre. La ragazza acconsente, e il gioco è fatto. Seguiranno il fidanzamento in casa e le frequenti visite presso le reciproche famiglie. I due nuclei si cementano e la ragazza si abitua a servire in casa dei futuri suoceri. Il matrimonio coronerà infine il sogno d’amore. Luogo comune numero otto: “In una coppia, meno si parla e meglio è”.
Noi occidentali, invece, parliamo, parliamo, discutiamo, litighiamo, e alla fine ci lasciamo. Ah, se imparassimo dagli albanesi (e dai nostri nonni), e mandassimo in rovina una volta per tutte avvocati e psicologi!