Re: Pjese interesante nga librat qe keni lexuar
Pjese nga "L'ignoranza" e Milan Kundera.
Josef ritornò a Praga dopo 30 anni.Quando il fratello gli disse: «A quanto so, ti sei sposato laggiù » , lui rispose: « Sì » , senza aggiungere altro. Forse sarebbe bastato che il fratello si esprimesse diversamente e, anziche dire: « Ti sei sposato » , gli chiedesse: « Sei sposato? ». In questo caso Josef avrebbe risposto: « No, sono vedovo ». Non aveva intenzione di ingannare il fratello, ma il modo in cui questi formulò la frase gli consentì di tacere la morte della moglie pur senza mentire.
Nel corso della conversazione che seguì, il fratello e la cognata evitarono qualsiasi allusione a lei. Era chiaro che si sentivano in imbarazzo: per motivi di sicurezza (per evitare di essere convocati dalla polizia) si erano imposti di non avere alcun contatto con quel loro parente fuoriuscito e non si erano nemme-
no resi conto che la loro prudenza coatta si era ben presto trasformata in sincero disinteresse: non sapevano nulla di sua moglie –ne la sua età, ne il suo nome, ne il lavoro che faceva in Danimarca -e con il loro silenzio pensavano di dissimulare un 'ignoranza che rivelava tutta la miseria del rapporto che avevano con lui.
Ma Josef non si offese; la loro ignoranza gli andava benissimo. Dal momento in cui l'aveva sepolta, si sentiva sempre a disagio quando era costretto a informare qualcuno della morte di sua moglie, quasi ne stesse violando la più intima intimità. Tacendone la morte,aveva sempre l'impressione di proteggerla.
Perche una donna morta è una donna indifesa; non ha più potere, non ha più alcuna influenza; nessuno rispetta più ne i suoi desideri ne i suoi gusti; una donna morta non può desiderare nulla, non può aspirare ad alcuna stima, non può respingere alcuna calunnia.
Mai aveva provato per lei una compassione così dolorosa, così straziante come dopo la sua morte.
Da tempo si era abituato alI 'idea di morire insieme a lei. Non si trattava affatto di un empito romantico, ma di una riflessione razionale: qualora sua moglie fosse stata colpita da un male incurabile, aveva deciso di abbreviarne le sofferenze; e, per non essere accusato di omicidio, contava di morire a sua volta. Poi lei si ammalò davvero in maniera grave: le sue sofferenze erano indicibili, e Josef non pensò più al suicidio. Non che temesse di perdere la vita. Ma non poteva sopportare l 'idea di abbandonare quel corpo tanto amato nelle mani di estranei. Se fosse morto, chi avrebbe protetto lei, morta? Come poteva un cadavere difenderne un altro?
In passato, quando viveva in Boemia, aveva assistito all'agonia della madre; l'amava molto, ma nell'istante medesimo in cui lei aveva cessato di vivere, non aveva più provato alcun interesse per il suo corpo; per lui, quel cadavere non era più sua madre. A occuparsi della moribonda, d'altra parte, c'erano due medici, il padre e il fratello, e lui in famiglia veniva solo al terzo posto in ordine d ,importanza. Questa volta fu tutto diverso: la donna che vide agonizzare apparteneva unicamente a lui; era geloso del suo corpo e voleva vegliare sul suo destino postumo. Doveva persino richiamarsi all' ordine: era ancora viva, stesa lì sotto i suoi occhi, gli parlava, e lui la pensava già morta; lo guardava, con quegli occhi più grandi che mai, e lui mentalmente già si occupava della bara e della tomba. Se lo rim-proverava, quasi si fosse trattato di uno scandaloso tradimento, di impazienza, di un segreto desiderio di accelerarne la morte. Ma non poteva farci niente: sapeva che dopo il decesso i parenti di lei sarebbero venuti a reclamarla per la tomba di famiglia, e il solo pensiero gli faceva orrore .
Da tempo avevano preparato il loro testamento, ma frettolosamente, senza preoccuparsi di dare disposizioni per i funerali; le direttive riguardanti i loro beni erano semplicissime e alla sepoltura non si faceva neppure cenno. Durante tutta l'agonia di sua moglie questa omissione non cessò di perseguitarlo,ma poiche voleva convincerla che avrebbe sconfitto la morte dovette tacere. Come poteva confessare a quell'infelice che continuava a credere nella propria guarigione, come poteva confessarle a cosa stava pensando? Come poteva parlarle del testamento? Tanto più che lei ormai delirava e i suoi pensieri si facevano confusi.
Josef non era mai piaciuto alla famiglia di sua moglie, una grande famiglia influente. Aveva la sensazione che il conflitto che si sarebbe scatenato per il cadavere di sua moglie sarebbe stato il più duro e il più importante della sua vita. Il pensiero che quel corpo sarebbe stato rinchiuso in una oscena promi-scuità con altri corpi, estranei, indifferenti, gli riusciva insopportabile, così come il pensiero che lui stesso, una volta morto, si sarebbe trovato chissà dove e, senza alcun dubbio, lontano da lei. Permettere che ciò accadesse gli sembrava una sconfitta immensa quanto l'eternità, una sconfitta che non si sarebbe mai perdonato.
Si verificò quel che temeva. Non poté,evitare lo scontro. Sua suocera gli gridò: « E mia figlia! E mia figlia! » .Dovette rivolgersi a un avvocato, spendere un capitale per placare la famiglia, acquistare su due piedi un posto al cimitero, agire più in fretta degli altri per vincere l'ultima battaglia.
L'attività febbrile di una settimana insonne gli impedì di soffrire, ma qualcosa di ancor più strano accadde: quando sua moglie fu nella loro tomba (una tomba per due, come un calesse per due), nell'oscurità della sua tristezza baluginò un raggio, un tenue, tremolante, appena visibile raggio di felicità. La felicità di non avere deluso colei che amava; di avere assicurato, per lei e per se, un futuro comune.