Re: Me ne fund!!!
ky eshte artikulli:
Gli albanesi ci guardano
La rinascita di un popolo che ha come modello l'Italia. E che noi snobbiamo
DACIA MARAINI
Corriere della Sera ottobre 2002
Cosa sanno in genere gli italiani dell'Albania? A sentire i discorsi della gente, molto poco.
Tanti si soffermano sulle notizie di cronaca: gli albanesi non sono quelli che si buttano sulle nostre coste, disperati, portandosi dietro bambini anche piccoli? Non sono quelli che costringono le loro giovani donne a prostituirsi e le trattano con ferocia, uccidendole quando non stanno agli ordini degli sfruttatori? Pochi sanno che il fenomeno dello scafismo è stato quasi del tutto sconfitto, grazie agli stessi albanesi che, dopo anni di disordine, hanno saputo prendere n mano il governo del paese con piglio nuovo e coraggioso. Pochi sanno che in questi ultimi anni sono nati in molte città i Centri donna che hanno come scopo la formazione di una cultura del rispetto verso il corpo femminile e che stanno avendo un grande successo. " é venuta qui l'ex ministra Livia Turco- mi racconta Diana Ciuli, scrittrice e traduttrice raffinata -. Ci ha incoraggiati a creare un centro donna, dandoci fiducia e soldi. Noi abbiamo cominciato, pensando di fallire in poco tempo. Al primo incontro a Scutari c'erano solo uomini e dopo le prime parole mi hanno minacciata di tagliarmi i capelli. Ne sono uscita ricordando loro i doveri di ospitalità. Ma solo pochi mesi dopo siamo riuscite a raccogliere attorno a noi decine di donne e in un anno abbiamo dovuto aprirne altri quattro di Centri donna, in altrettante città e ora siamo anche autosufficienti economicamente".
Pochi sanno che a Tirana vivono e operano degli ottimi cineasti che, oltre a girare dei buoni film, stanno costruendo scuole di cinema per giovani autori e giovani attori. Il Colonnello Bunker di Kujtim Cashku è stato segnalato in un recente edizione del Festival di Venezia. E Slogans del regista Gjergj Xhuvani è stato proiettato con successo nelle cineteche parigine, dopo aver vinto il premio della critica a Cannes 2001. Fin'ora sembra che siano apprezzati soprattutto dai francesi. Noi gli ignoriamo stupidamente.
Pochi sanno che fra Tirana, Scutari e Valona, vivono e lavorano degli ottimi scrittori, anche loro pubblicati soprattutto in Francia e snobbati da noi o resi invisibili da un silenzio stampa che li mortifica e li ferisce.
Anche l'architettura sta mettendo rami e foglie, come un albero creduto morto. Ma poiché mancano i soldi , più che costruire case nuove si trova il modo di rinnovarle. Il sindaco di Tirana, Edi Rama, ha avuto un idea geniale: coprire il grigiore dell’architettura staliniana con vernici colorate. Oggi le case di Tirana spiccano contro il cielo terso con i loro blu pavone, rosso amaranto, giallo uovo, verde erba. Inoltre ha buttato giù le costruzioni abusive che ingombravano e soffocavano il fiume Lana e ha sistemato al loro posto dei prati scintillanti, cosparsi di alberi e fiori.
Incredibile come una città malridotta e sgangherata possa risollevarsi grazie ai colori e alle piante.
Ismail Kadare, lo scrittore albanese più conosciuto nel mondo, che vive tra Francia e Tirana, mi racconta dell'ignoranza che rende gli italiani cosi distratti nei riguardi degli artisti albanesi. " I miei libri sono tradotti dal francese, manca una vera attenzione verso la nostra lingua. Già la traduzione è una perdita per la ricchezza di una lingua scritta, figuriamoci quando si passa attraverso due traduzioni......si perde quasi tutto".
La coraggiosa casa editrice Besa di Nardò in provincia di Lecce, ha pubblicato alcuni scrittori albanesi, fra cui Aurel Plenari, Fatos Kongoli, Elvira Dones, ma la distribuzione è scarsa e l'attenzione della critica italiana quasi nulla. L'ambasciatore Bova, che è molto coinvolto in questo progetto di scambio culturale fra l'Italia e l'Albania, mi invita a pranzo con due giovani scrittori: Fatos Lubonia e Virgil Muci che fa anche l'editore, ha gli occhi azzurri, il ciuffo sulla fronte, un sorriso molto dolce. Mi dice che ha pubblicato il libro di Oriana Fallaci. Discutiamo sull’opportunità di un'attacco indiscriminato contro il mondo islamico.Ma lui si dichiara innamorato della passionalità viscerale della Fallaci.
Fatos Lubonia, che ha pubblicato un libro sulle sue esperienze di prigionia presso l'editore Marcos y Marcos, invece dissente. "Ci sono tanti Islam come ci sono tanti cristianesimi. L'idea del conflitto fra due civiltà non può che giovare agli fondamentalisti". La discussione continua, appassionata, ma civile e amichevole. Fatos Lubonia mi racconta come in questo paese i musulmani convivono pacificamente da secoli. Due anime che si sono anche combattute qualche volta nel passato, ma non hanno mai messo in dubbio l'appartenenza a una madre comune: questa piccola terra "delle grandi aquile", dall'animo suscettibile e orgoglioso. Più che la religione qui la nemica della libertà è stata la fede politica, la tirannia dell'ideologia.
Il bel libro di Lubonia racconta nei dettagli la storia di 17 anni di prigione. Il regime staliniano è stato durissimo con gli intellettuali.Scrittori e poeti sono stati costretti al silenzio con censure severissime, persecuzioni, processi e anche fucilazioni. "Il carcere duro è stato per Visar Zhiti il luogo estremo per cosi dire della genesi della sua poesia" scrivono Ennio Grassi e Rosangela Sportelli in una bella antologia, Poeti della terra d'Albania, appena uscita in Italia per le edizioni "In forma di parole". Spesso i poeti, non disponendo nemmeno di un foglio di carta e una matita, imparavano a memoria i propri versi per poi dettarli di nascosto a qualche compagno che aveva la fortuna di tornare libero. Con i poeti anche alcune raffinate poetesse, come Mimosa Ahmeti e Flutura Acka e Luljeta Lleshanaku: " Scusami papà, per questa poesi/che somiglia allo sbattere di una porta"....
Giorni fa a Roma, nelle Casa della letteratura diretta da Ida Gaeta, c'è stata un'incontro sulla poesia albanese. Possibile che tanti splendidi poeti siano del tutto sconosciuti da noi? " Ti ho creduto Naim" scrive Anton (Ndoc) Papleka, " E ho aspettato che venissero i giorni buoni./ Quando ero bambino mi hanno detto "queste sono le difficoltà del dopoguerra!"/ e io ho continuato ad aspettare./ Quando ero ragazzo mi hanno detto "queste sono le difficoltà del blocco economico"/ e io continuavo ad aspettare./ Quando mi sono sposato mi hanno detto "queste sono le difficoltà della vita adulta"/ e io ancora ho ripreso ad aspettare./ Quando i capelli sono imbiancati, mi hanno detto "queste sono le difficoltà della transizione"./ E io ho ripreso ad aspettare,/ sempre credendo che che/ un giorno sarebbero venuti i giorni buoni./ Mentre attendevo, con la mia atavica pazienza/ sono morto e mi hanno seppellito./ Considerando che avevo pazientato per tanto tempo/ speravo dopo la morte di andare in paradiso,/ dove avrei trovato i giorni buoni nell'oscurità della tomba/ e li continuo ad aspettare, con la mia atavica pazienza/ i giorni buoni che dopo questi certamente verranno".....
L'Italia è amata in modo commovente dagli albanesi ma è anche criticata per la sua distanza e il suo snobismo. E noi, con il tipico meccanismo dell'amore non riamato, facciamo gli accattoni con la Francia, con l'Inghilterra, senza accorgerci che che abbiamo un vicino che ci ama, che crede in noi, che parla la nostra lingua, che vorrebbe andare a fondo alle sue immense capacità con la nostra collaborazione. In questo fra l'altro è difficile dire come al solito: manca la volontà politica, perché le istituzioni italiane si sono mostrate generose e disponibili col vicino di casa.
A Scutari l'Università di Firenze porta avanti vari progetti fra cui la ricostruzione del dipartimento di italianistica, la rimessa in opera del museo archeologico. Il teatro della città, intitolato al grande poeta Migjeni e chiuso da decenni, è stato riaperto proprio quest'anno e restituito alla città con il contributo della Regione Emila-Romagna e il sostegno, tra gli altri, dell' Istituto italiano di cultura (chi non conosce gli instancabili Attili De Gasperis e Roberta Alberotanza che si prodigano con entusiasmo fra Scutari e Tirana....). Ora ci lavora, inviato e sostenuto dall Ater dell'Emiglia-Romagna il regista Nanni Garella che nei mesi scorsi ha avuto un grande successo con una edizione albanese dei Giganti della montagna .
Certo i problemi restano ancora molti: la povertà tecnologica, la scarsità di energia elettrica, il misero stato delle strade, l'abbandono decennale delle istituzioni, la mentalità arcaica di molte zone montagnose dove tuttora vige la legge del Kanun per cui le offese si pagano con il sangue, le donne sono considerate oggetti di scambio, la famiglia una entità chiusa e feroce. Ma si sente nell'aria una volontà sorprendente di uscire dalle contraddizioni che spossano gli animi, la voglia di liberarsi dai disastri del comunismo, dagli orrori di una dittatura durata tanti anni. Un paese che si afferra per i capelli e si tira su coraggiosamente, nonostante l'arretratezza e gli sprechi, la corruzione e la criminalità organizzata.
Un Paese che è stato salassato dall'emigrazione( ben 500.000 persone emigrate in Grecia negli ultimi anni, 120.000 in Italia e altrettanti clandestini che vivono in giro per l'Europa. Ma proprio questi emigranti hanno portato in patria nuove linfe, nuovo denaro, nuove esperienze che hanno aiutato l'Albania a maturare. Sono le contraddizioni dei nostri giorni e riguardano tutti i paesi dell'Est. L'Italia, per molti di questi paesi, costituisce un modello, un luogo di scambio, un luogo di apprendimento e di esperienze nuove. Ma noi facciamo finta di non saperlo e ci comportiamo con incosciente sufficienza. Ci conduciamo come se la nostra televisione fosse una piazzetta di provincia, presa in ostaggio da politici e giornalisti di scarsa cultura, per elogiarsi tra di loro.
Senza fermarsi a riflettere che tutti i giorni, milioni di persone imparano l'italiano attraverso il nostro stupidario quotidiano.
é possibile comportarsi con tanta incoscienza??