Re: HISTORIA e ekonomise shqiptare (jo politikes)
parathenia e punimit te mesiperm
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BARI
FACOLTA’ DI ECONOMIA
APPUNTI DI ECONOMIA PUBBLICA
Corso impartito dal Prof. Antonio Troisi
“La transizione economica ed
il caso dell’Albania”
a cura di Fabio Mastrodonato – Bari 2002ഊPREMESSA
Alla fine degli anni ottanta e nei primi anni novanta i Paesi
socialisti dell’Europa Centro Orientale e molti di quelli risultanti dalla
dissoluzione dell’ex Unione Sovietica vivono una esperienza che
caratterizzerà i nuovi assetti sociali, economici e politici di questi
territori e di riflesso l’identificazione degli stessi nel contesto
mondiale.
La caduta del muro di Berlino, la scelta coraggiosa della
Polonia possono essere intese come il proscenio di un programma, ben
più vasto e sorprendente per potenzialità, che la glasnost e la
perestrojka avrebbero condotto negli stessi anni.
È il fallimento dei regimi comunisti a mandare in stallo i Paesi
sopra citati e ad originare un meccanismo di grandi trasformazioni.
La nuova tendenza sembra non essere più la riforma
economica del vecchio sistema socialista in cui vigevano:
monopolio comunista del potere
proprietà statale
pianificazione centrale
ma la “sostituzione” con principi di ispirazione politica
diametralmente opposta che sovvertivano tali regole.
2ഊAlcuni sistemi economici erano basati sullo stalinismo puro
dedito all’industria pesante ma non curante del necessario apporto
dello sviluppo tecnologico; la chiusura intransigente alla
collaborazione internazionale in ogni campo e l’aumento dei tassi di
investimento rallentava inesorabilmente la crescita del paese.
La pianificazione centralizzata comprimeva la libertà
economica, e non solo, controllando attraverso le imprese pubbliche i
settori strategici.
I subdoli muri di cinta delle economie controllate e gli
equilibri interni, bilanciati in quanto protetti, vengono meno con il
crollo del comunismo, con la dissoluzione del CMEA o
COMECON(Consiglio di Mutua Assistenza Economica), con gli aiuti
internazionali ma il panorama che si affronta, al di là della sconfitta
del regime, propone variabili economiche incontrollabili e soggette a
un meccanismo di reazione tutto nuovo.
Le economie di transizione quindi, così come sono state
definite quelle che hanno vissuto, o che meglio, stanno vivendo il
cambiamento da economie di comando verso economie market
oriented, testimoniano il passaggio alla storia economica dei regimi
comunisti.
Resta invece ancora teorico lo sforzo di stilizzare in maniera
chiara ed esaustiva la fase dinamica.
3ഊFabio Mastrodonato – La transizione economica ed il caso dell’Albania
La definizione statistica del problema appare a tratti vaga, per
via spesso, della forte inattendibilità dei dati assunti ma illuminanti
lavori in corso, consapevoli delle difficoltà citate ben dosano le loro
stime.
Sino all’inizio del processo di transizione la crisi economica
che ha contraddistinto questi territori lasciava presupporre un ristagno
pesante ma controllabile.
Gli equilibri politici sembravano altresì robusti e il capolino di
un socialismo di mercato attraverso vaghi tratti di capitalismo non
preoccupava i blocchi direttivi del Partito Comunista.
Si parlava di rallentamento dello sviluppo economico ma non
già di declino o collasso, ipotesi sostenuta dal fatto che in crisi
apparivano gli indicatori degli stock (debito estero, offerta di moneta)
e non già dei flussi (bilancia commerciale, reddito, consumi reali): era
quindi una crisi di distribuzione e non di produzione.
Ben presto, però, le prospettive cambiano drasticamente.
Negli anni compresi tra il 1989 e i giorni nostri le ex economie
pianificate subiscono una congerie di interventi atti da un lato a
contenere la fisiologica crisi di un cambiamento radicale, dall’altro a
stimolare un profilo nuovo che non calza ancora bene la realtà: si
tratta di un rebus che non offre certo soluzioni univoche e chiare.
4ഊRisposte fuori dalle righe ai molteplici sforzi di implementare
equilibri macroeconomici, tuttavia, non mancano di stupire gli studiosi
basti citare il ruolo che in questo contesto ampiamente critico per
situazioni, per rimedi e per reazioni hanno avuto l’Albania, la Bulgaria
e la Romania nel primo periodo post-comunista.
Gli incaricati delle scelte di politica fiscale non sono stati
agevolati né dalla qualità né dalla quantità di dati trattati, limitati tanto
dalle guerre quanto da un fenomeno, quello dell’economia sommersa,
che attecchisce rapidamente in circostanze precarie come quelle in
discussione.
Le interferenze sono poi apparse nelle performances delle
riforme, alterate anch’esse da questi ostacoli oggettivi.
All’inizio del processo di transizione vigeva una linea di
condotta comune tra le istituzioni di Bretton Woods denominata
“Consenso di Washington” che proponeva una semplicistica visione
della situazione:
Transizione = Liberalizzazione + Privatizzazione.
In altri termini, si credeva che potesse essere sufficiente
liberalizzare i prezzi ed il commercio con l’estero nonché privatizzare
le imprese statali per far si che il mercato potesse regolarsi
autonomamente ma a 10 anni dalla caduta del muro di Berlino,
l’espressione sembra ben più lunga e complessa.