Cè musica e musica

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Cè musica e musica

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nga Umberto Eco (Espresso, 26/06/2009)</p>


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Ci perseguita negli aeroporti, nei bar e nei ristoranti, negli ascensori, in un orribile stile New Age negli studi medici, nei suoni dei telefonini che sui treni a ogni istante suonano.</p>


Si cita sovente come esempio di scarsa sensibilità musicale l’opinione di Kant che considerava la musica inferiore ad arti come la pittura perché, se il valore di un’arte sta nel nutrimento intellettuale che ci procura, la musica, che gioca semplicemente con sensazioni, ha il posto più basso tra le belle arti. “Essa infatti va da sensazioni a idee indeterminate, mentre le arti figurative vanno da idee determinate a sensazioni e queste ultime sensazioni sono di impressione persistente, mentre quelle dovute alla musica sono solo di impressione transitoria”.
E passi per queste idee abbastanza discutibili. Ma egli aggiungeva: “Inoltre è inerente alla musica una certa mancanza di urbanità, il fatto che essa diffonda il suo influsso, principalmente per come sono fatti i suoi strumenti, più lontano di quanto si vorrebbe (sul vicinato) e in tal modo, per così dire, imponga se stessa, compromettendo quindi la libertà degli altri, che sono al di fuori dei partecipanti alla riunione musicale; ciò che le arti che parlano agli occhi non fanno, basta che si volgano i propri occhi altrove se non ci si vuole esporre alla loro impressione. Le cose stanno più o meno così con la delizia provocata da un odore che si diffonde in giro. Chi tira fuori dalla tasca il proprio fazzoletto profumato sottopone tutti coloro che gli stanno intorno e vicino a un trattamento contrario alla loro volontà e, se essi vogliono respirare, li obbliga nello stesso tempo a godere, e perciò quest’uso è passato di moda”. (’Critica del giudizio’ 53)
Svalutare esteticamente la musica perché disturba i vicini è come negare il valore della ‘Aida’ se viene suonata nell’Arena di Verona imponendosi all’ascolto involontario di chi abita nei dintorni. E però, Verdi a parte, io che abito in una zona di Milano dove a ogni pubblica festività si organizzano dei concerti rock che durano sino a tarda notte, comincio a pensare che Kant non avesse del tutto torto.</p>


Capita di leggere qualche tempo dopo le pubblicazioni che ci arrivano, perché non si può leggere tutto subito (e d’altra parte ho letto l’Iliade quasi tremila anni dopo), ed ecco che sono capitato con alcuni mesi di ritardo sul numero 43 di ‘Nuovi argomenti’, che si apre con una sorta di diario di Valerio Magrelli. A un certo punto Magrelli cita con favore il brano kantiano perché, premette, c’è una musica che si sceglie e una che ci viene imposta dagli altri. “Si tratta di due fenomeni antitetici. Il primo rappresenta uno dei più squisiti alimenti concessi alla specie umana, mentre il secondo è un semplice reato. Uno è un dono prescelto, l’altro una punizione subita”. E all’inizio del suo diario Magrelli annota che ci sono “due materiali il cui abuso sta rovinando l’ecologia del pianeta: plastica e musica”.
Quanto alla plastica non abbiamo bisogno di esempi, e rispetto alla musica ha un ulteriore difetto, perché i suoni, come si sa, ‘volant’ e si disperdono nell’aria, mentre la plastica ‘manet’, nei secoli dei secoli. Per la musica basta pensare quanto ci perseguita negli aeroporti, nei bar e nei ristoranti, negli ascensori, in un orribile stile New Age nello studio del fisioterapista, nei suoni dei telefonini che sui treni a ogni istante suonano ‘Per Elisa’ o la cinquecentocinquanta di Mozart, come basso continuo in qualsiasi evento televisivo – e peggio ancora ci spaventa quando, senza sentirla, la indoviniamo nelle orecchie ossessionate e stordite dei dissennati che ci passano accanto con un auricolare infilato nel timpano, incapaci di camminare, pensare, respirare, senza avere un frastuono come angelo custode.
Una volta si decideva di ascoltare musica e si accendeva la radio (operazione che richiedeva impegno manuale) o si sceglieva un disco (operazione che richiedeva anche una riflessione intellettuale e una scelta di gusto) oppure ci si vestiva per bene e si andava a un concerto, dove si esercitava la propria capacità di discriminazione tra buona e modesta esecuzione, o si poteva decidere di amare Bach e odiare Scriabin. Ora folle di giovinette dall’ombelico scoperto e di giovinotti dai capelli ritti rubano musica sul computer per scambiarsela e udirla tutto il giorno, e al concerto e in discoteca vanno non per gustare ma per stordirsi e, dimenticate le sottigliezze del pedale, più che musica assorbono rumore. Ma in treno l’auricolare ce l’hanno anche molti adulti abbrutiti, incapaci di leggere il giornale o di guardare il paesaggio.
Se su ogni cartello pubblicitario fosse ripetuta la Gioconda, la Gioconda diventerebbe brutta e ossessiva. Ma (e allora aveva ragione Kant) il nostro intelletto se ne accorgerebbe e protesteremmo. Con la musica invece no, ormai ci si vive come in un bagno amniotico. Come recuperare il dono della sordità?</p>
Posted in Lart &amp; Poshtë, Muzikë, Në gjuhë origjinale Tagged: muzika, umberto eco
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